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Guido Giuliani

Come insegnare l'empatia: il laboratorio di AccessiWay

Cosa significa empatizzare? AccessiWay lo spiega al suo staff con un laboratorio molto significativo

Rimuovere gli ostacoli sul web è l’obiettivo per cui nasce AccessiWay. Ma si può lavorare per la disabilità senza conoscere la disabilità? No. Ecco da dove nascono le giornate che AccessiWay dedica ai propri lavoratori per far loro comprendere cosa significhi vivere con una disabilità. Alcune ore, tutti i mesi, condotte da Dajana Gioffrè, Chief Visionary Officer ed esperta di disabilità di AccessiWay, affinché lo spirito del brand sia ben evidente. Nella sessione di lunedì si è parlato di empatia: cosa vuol dire empatizzare? E a cosa serve l’empatia?

Cos’è davvero l’empatia?

La disabilità è una condizione, non una malattia: per far sì che non risulti un limite per chi la vive, è importante che la società si attivi e rimuova gli ostacoli per una vita piena e soddisfacente. Questa è la regola base per chi, tutti i giorni, lavora a contatto con le persone con disabilità.

Risulta chiaro come, per attivarsi in tal senso, serva qualcosa in più della semplice consapevolezza dell’esistenza della disabilità. Serve una componente emotiva, che ci avvicini a chi vive la disabilità. Serve l’empatia.

L’empatia non è la compassione, né il pietismo. Non è il sostituirsi alle persone con disabilità, nella convinzione che non siano capaci di fare le loro attività. Empatia è avvicinarsi alla condizione di chi ha una disabilità e far sì che gli ostacoli nella loro vita quotidiana vengano rimossi.

Come si prova empatia?

Provare empatia non è semplice, poiché, come indicato sopra, è facile sfociare in atteggiamenti pietistici. Non si può poi pretendere di provare empatia verso le categorie, verso una totalità di persone. L’empatia si fonda su una connessione umana, sulla vita concreta, sull’esperienza individuale delle persone.

Si può empatizzare, quindi, solo in relazione a una storia specifica, di una persona specifica. Ecco perché, per spiegare cosa significhi empatizzare con una persona con disabilità, in AccessiWay si è condotto un laboratorio molto particolare.

Il laboratorio di AccessiWay per spiegare l’empatia

L’attività proposta da Dajana prevedeva la suddivisione dello staff di AccessiWay in quattro gruppi. Ciascun gruppo ha lavorato su una diversa disabilità: ipovisione, cecità, difficoltà di comunicazione e disabilità motoria. Ogni disabilità è stata simulata, per esempio con l’ausilio di bende od occhiali parzialmente oscurati, forniti solo a una parte del gruppo di lavoro.

Ciascun gruppo aveva il compito di comporre un puzzle. Ovviamente, l’attività andava svolta coinvolgendo pienamente le persone su cui era applicata una limitazione fisica o sensoriale. Trattandosi infatti di un’attività non accessibile, v’erano due alternative: da un lato, escludere le persone con disabilità, sostituendosi a loro e facendo l’intero lavoro; dall’altro, trovare il modo di comunicare e cooperare per raggiungere insieme l’obiettivo.

In questo modo, si è potuto empatizzare: si è riusciti infatti ad avvicinarsi a chi stava vivendo la disabilità simulata, cercando di ritagliare un ruolo e un’importanza del tutto uguali a chi non aveva limitazioni fisiche.

I feedback di chi ha partecipato all’attività

Un’esperienza del genere non risulta indifferente. Se chi ha sperimentato la disabilità in prima persona è stato colpito, in particolare, dalle difficoltà che questa comporta a svolgere un’attività semplice come un puzzle, dall’altro lato chi non era sottoposto a limitazioni fisiche ha raccontato la difficoltà di coinvolgere e rendere pienamente attive, in attività non accessibili, le persone con disabilità.

Di qui la necessità di rendere il mondo un luogo accessibile. I problemi sull’inclusione derivano infatti dal dover affrontare situazioni non alla portata di tutti: se si utilizzassero tutti gli strumenti a disposizione per far sì che la realtà sia inclusiva, non si porrebbe neanche il problema. Per esempio, nel laboratorio in questione, se si fosse usato un puzzle accessibile, non vi sarebbe stata la difficoltà che i e le partecipanti hanno dovuto affrontare.

La vision di AccessiWay

La disabilità non è una situazione da vedere solo con oggettività e freddezza. Per lavorare al meglio e per essere inclusivi è necessario empatizzare. Solo così, infatti, è possibile avvicinarsi a chi vive la disabilità tutti i giorni, attivandosi al meglio per rendere la realtà accessibile in ogni suo aspetto.

L’obiettivo di AccessiWay è rendere internet un luogo accessibile: attualmente, infatti, le persone con disabilità incontrano troppi limiti quando navigano sul web. Se hai un sito internet e vuoi controllare se è utilizzabile pienamente da tutti e tutte, puoi usare gratuitamente il validatore di accessibilità di AccessiWay: clicca qui per saperne di più!

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