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Marco Sicbaldi

Dall’intelligenza artificiale alla VR: come le nuove tecnologie supportano l’accessibilità

nuove tecnologie stanno trasformando l’accessibilità digitale. Ma senza esperti e user test, AI e VR

Nel 2025, l’accessibilità digitale è diventata una priorità per aziende, istituzioni e sviluppatori. L’European Accessibility Act ha fornito il quadro normativo, ma la vera spinta all’innovazione viene dalle tecnologie emergenti: intelligenza artificiale (AI), realtà virtuale (VR), realtà aumentata (AR), machine learning, wearable. Ognuna di queste tecnologie offre nuove possibilità per eliminare barriere, migliorare l’autonomia e rendere il web (e il mondo) più inclusivo.

Ma non dobbiamo farci illusioni: nessuna tecnologia, da sola, è davvero accessibile. Per diventarlo, ha bisogno di essere progettata con metodo, testata con utenti reali e supervisionata da esperti di accessibilità. L’innovazione inclusiva è sempre il frutto di un dialogo tra competenze umane e strumenti tecnologici.

L’intelligenza artificiale: alleata (ma non sostituta) dell’accessibilità

L’AI può supportare l’accessibilità in molti modi:

  • Descrizione automatica di immagini e grafici.
  • Sintesi vocale naturale per testi e interfacce.
  • Sottotitoli in tempo reale per contenuti audiovisivi.
  • Interfacce conversazionali che guidano l’utente passo dopo passo.

Questi strumenti aiutano persone con disabilità visive, uditive, motorie e cognitive. Tuttavia, l’AI è basata su modelli probabilistici che non sempre comprendono le sfumature umane. Un’immagine può essere descritta in modo tecnicamente corretto, ma culturalmente inadeguato. Un assistente vocale può ignorare accenti, dizioni atipiche o comandi non standard.

👉 Serve l’intervento umano per verificare, adattare, contestualizzare.

Realtà virtuale e aumentata: esperienze su misura

La VR e l’AR offrono opportunità uniche per superare le limitazioni fisiche e sensoriali:

  • La VR consente di esplorare ambienti in sicurezza, personalizzando l’esperienza per persone neurodivergenti o con disabilità motorie.
  • L’AR può facilitare l’orientamento nei luoghi pubblici, grazie a indicazioni visive o vocali contestuali.
  • Le simulazioni immersive favoriscono l’apprendimento in scuole inclusive o ambienti formativi adattivi.

Ma anche qui, l’accessibilità non si improvvisa. Un ambiente virtuale troppo complesso, sovraccarico o mal strutturato può frustrare l’utente anziché aiutarlo.

👉 Solo test con utenti con disabilità e co-progettazione possono renderla davvero utile.

Wearable e sensori intelligenti: il corpo come interfaccia

I dispositivi indossabili stanno ampliando la possibilità di interazione:

  • Smartwatch con comandi vocali e feedback aptici.
  • Occhiali intelligenti per descrizione ambientale e lettura automatica.
  • Bracciali tattili che traducono il suono in vibrazione per persone sorde.
  • Sensori biometrici che monitorano stress e attenzione nei bambini con disabilità cognitive.

Queste tecnologie rendono l’accessibilità più discreta, personale e continua. Ma spesso il problema non è il dispositivo in sé, bensì l’ecosistema in cui è inserito: app non compatibili, interfacce complesse, scarsa documentazione.

👉 Serve una progettazione coordinata e interoperabile, con feedback reali dall’uso quotidiano.

Machine learning e personalizzazione accessibile

Il machine learning consente di creare esperienze adattive, che si modellano sull’utente:

  • Pagine web che si semplificano in base ai comportamenti.
  • Assistenza vocale che migliora con l’uso.
  • Percorsi formativi dinamici per studenti con DSA o BES.

Ma il rischio è creare “percorsi esclusivi” solo per chi rientra in un modello. Gli algoritmi apprendono dai dati: se i dati non includono le persone con disabilità, l’intelligenza artificiale diventa involontariamente discriminatoria.

👉 L’unico modo per evitare questo è progettare con diversità e testare in contesti reali.

I leader con disabilità che guidano l’adozione consapevole

Un trend positivo degli ultimi anni è il crescente coinvolgimento di leader e innovatori con disabilità nei processi decisionali, nei team di sviluppo e nelle attività di advocacy.

Figure come Haben Girma, Nyle DiMarco, Simone Barlaam, Bebe Vio e molti altri stanno cambiando il modo di progettare la tecnologia. Non più destinatari passivi, ma co-creatori di soluzioni.

👉 Il loro contributo è insostituibile, non solo per la rappresentazione, ma per la qualità e l’efficacia del risultato.

Conclusione: il futuro dell’accessibilità è umano-centrico

La combinazione tra AI, VR, wearable, AR e machine learning può davvero rivoluzionare l’accessibilità digitale. Ma non può farlo da sola. Senza il contributo umano – esperti, progettisti, utenti con disabilità, test sul campo – anche la tecnologia più avanzata rischia di escludere invece di includere.

L’European Accessibility Act ci dà l’occasione di fare un salto di qualità. Ma la vera rivoluzione accade quando l’innovazione è pensata, testata e migliorata da chi ne ha davvero bisogno.

Il futuro dell’accessibilità digitale è ibrido: tecnologia + empatia, codice + ascolto, visori + occhi che guardano davvero.

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